MIRTO

Myrtus Communis

Denominazione: mirto; fr.: myrte; ted.: echte myrte; ingl.: myrtle; sp.: murta.

Se si fa eccezione per due specie indigene del Mezzogiorno europeo, tutte le Myrtaceae sono piante esotiche, proprie di flore subtropicali e pertanto coltivabili da noi solo in ambiente protetto o nell’Italia insulare e peninsulare in prossimità delle coste. Le specie interessate alla coltivazione nel nostro Paese sono M. communis e M. tarentina (che da taluni è considerata una subspecie della precedente).

Sono arbusti cespugliosi, o anche piccoli alberi, glabri o pubescenti o anche tomentosi, con fusti cilindrici eretti, a rami alterni od opposti, talvolta verticillati, i più giovanili prismatico-tetragoni. Foglie opposte, penninervie, a picciolo brevissimo, talora sopra nodi assai ravvicinati, coriacee, intere, semplici e generalmente aromatiche. I fiori sono bianchi o variamente rosati, solitari o fascicolati (e numerosi) alla sommità di peduncoli ascellari. Il frutto è una bacca ovoide, generalmente nera ma, in M. communis ‘Jenny Reitenbach’, è bianca.

Myrtus communis L. è l’unica specie europea del genere, diffusa in tutto il bacino mediterraneo; morfologicamente è un arbusto sempreverde molto ramificato che raggiunge 1-3 m di altezza ed eccezionalmente può formare alberi di 5-6 m. Le foglie sono coriacee, verde lucido, denso, persistenti, ovali-lanceolate. I fiori sono bianco-rosati in maggio-giugno; i frutti sono bacche blu-nerastre in ottobre-novembre, commestibili. Le varietà più diffuse sono: ‘Alba’ a bacche bianche; ‘Flore pleno’ con fiori doppi; ‘Microphylla’, foglie lineari lanceolate inferiori ai 2,5 cm di lunghezza; ‘Minima’ e ‘Nana’ varietà nane con foglie molto piccole. La subspecie ‘tarentina’ ha uno sviluppo più ridotto essendo alta non più di1,8 m e con foglie inferiori ai 2,5 cm di lunghezza, strette, verde scuro, chioma particolarmente densa, fiori bianchi e bacche verde chiaro; ‘Variegatus’ presenta foglie bordate di bianco crema.

La sua moltiplicazione si fa, facilmente, sia per talea, sia per margotta, sia, infine, tramite i ricacci che si formano alla base del piede. Le talee si prelevano da rami semimaturi in settembre-ottobre o anche più precocemente, in giugno o luglio; si prelevano talee di 5-10 cm dai rami laterali non fioriferi, prelevando anche una porzione del ramo principale, si fanno radicare in un miscuglio di sabbia e torba in cassoni riscaldati a circa 15 °C.

I mirti crescono bene in ogni terreno, a condizione che questi non siano impaludati o umidi; lo si deve innaffiare abbondantemente nei periodi di siccità, poco nelle altre fasi vegetative e durante l’inverno.

La potatura del mirto si limita all’asportazione dei rami mal posizionati e a un generale sfoltimento della vegetazione qualora essa si presenti eccessivamente densa.

Le informazioni etnobotaniche hanno rivelato che a M. communis L ha una certa reputazione nella medicina popolare per il trattamento di diverse malattie come ulcera gastrica, diarrea, dissenteria, cancro, reumatismi, emorragie, seni profondi, leucorrea, emorroidi, infiammazione, dispepsia, ansia, insonnia, diabete, ipertensione, disturbi polmonari. Inoltre, studi etnofarmacologici hanno rivelato che la specie è dotata di estese attività farmacologiche, tra cui antimicrobica, antidiarroica, antidiabetica, antispasmodica, vasodilatatrice, attività antiulcera, antiossidante, antitumorale, ansiolitica, sedativo-ipnotica e antinfiammatoria, tra le altre. La pianta è nota per contenere acidi fenolici, tannini, flavonoidi, glicosidi e terpeni. Anche l’olio di mirto è risultato ricco di una varietà di monoterpeni e sesquiterpeni bioattivi con i loro derivati. La maggior parte degli studi condotti convalidano le proprietà riportata dalla medicina tradizionale riguardo a questa specie.

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